La Roma Amletica

2025. L’anno del Giubileo, Roma straripa di turisti, che affollano le sue vie più del solito. La metro, che attraversa le vene sotterranei del suo substrato archeologico, mira ad espandersi per accogliere questo flusso di persone che si affollano come la storia, che ha sepolto, poi rivelato memorie e tracce di popoli e tradizioni, linguaggi e immagini. Ma i lavori della fatidica Linea C stentano a concludersi: il ricordo roccioso del passato è duro a morire, o meglio, a sciogliersi per far passare nella sua trama ritorta il ponte dell’avvenire. Le fermate dopo Piazza Venezia non si faranno, dal centro storico si passerà direttamente a Stazione San Pietro. Poi chissà. Intanto, la folla anonima e policroma si affolla in superficie, uscita dalle interiorità mortifere e pulsanti, e si prepara alla canicola estiva, i tropici e il deserto che tingono di giallo il travertino delle piazze e delle facciate delle chiese, che privano la notte del miraggio di una frescura tardiva.

Non c’era bisogno di arrivare a questo estremo per verificare come il mondo non abbandoni Roma. Nonostante tutto, nemmeno i suoi residenti scappano, o forse sì, ma poi ritornano. Forse lasciano che le loro dimore diventano appartamenti da Airbnb per speculare un po’ sulle spalle di qualche famigliola statunitense. Poi i quadretti vecchio stile, datati, ritornano sulle pareti, tutti gli elementi che non si conciliano con lo stile Ikea che omologa le case, moderne o storiche che siano. Lo spettacolo è stato duplice in quest’ultimo periodo: anno santo, e lutto santo. Nel bene e nel male si parla di Roma, e lo si fa in modo sentimentale anche quando non succede nulla. Molto facile diventare melensi: è stucchevole donare un carattere a una città. Come se ne avesse uno solo, o si potesse facilmente individuare qualche aspetto prominente che non sia assolutamente impersonale: la luce generosa che bagna le cupole bianche, la calca frenetica eppure cupa e opprimente al pari di una processione nelle strade del centro, la marea di verde beatitudine che abbonda nelle passeggiate a Villa Borghese, fra i poli luminosi di Villa Medici e Galleria Borghese. Nulla di tutto ciò si presta al quadretto, rientra in una cornice prêt-à-porter per l’aneddoto o il selfie. Vuoi catturare la sensazione, e la magia sparisce.

Troppo facile cedere alla romanticizzazione come al meme. Si specula tanto sui romani, che darebbero un carattere folklorico anche alla pietra morta, alla natura viva. e a lugo andare, risultano, stancanti – pefino pedanti – le gag sui luoghi comuni sul dissidio fra Roma Nord e Roma Sud. Speculare sui luoghi comuni non dice nulla delle peculiarità singolari o collettive, le annulla in un siparietto dove è la realtà a uscire di scena, senza applausi. Eppure si cerca lo stesso di vincere facile con le narrazzioni ammiccanti, per creare una nuova mitologia urbana. Non una città, ma mezza città: sì, pensando di poterla conquistare, e strappare un sorriso si ricade nella menzogna di credersi, nonostante tutto, se non originali, almeno autentici. La noia ha gioco facile, ma la partita è dura a morire. Non finira mai la cascata di cliché che invade le piazze, sommerge le fontane dai cui zampilli non sgorga pià acqua fresca, ma paludosa melma. Alla fine, fra qualche anno, sarà più tipico per molti un piatto neo-tradizionale, venduto a caro prezzo da un locale nato da qualche anno vicino a Fontana di Trevi, che la Piramide Cestia, che non rientra col suo formato esotico nella cartolina stile dolce vita stampata ovunque. Un cimitero, inoltre, ci riporta subito alle viscere della città, dove il serpente metallico della metro scorre, scandendo il suo ritmo sotterraneo.

Ma allora non si può più parlare? Le parole sono finite davanti ai nostri tempi appiattiti dallo spettacolo, dalla novità che subito si fa monotonia, inghiottita dal capitalismo della cultura, dei suoi resti grandiosi e desolanti. L’Amletico si è a lungo interrogato su questo enigma esposto in pieno sole, con la città che si fa sempre più fotogenica, illuminata dai flash, ristrutturata con il bonus facciate, immortalata in continui film e serie tv che la rivoltano come un calzino. Non c’è un solo modo di guardare una città, così come non ce ne sono mille ma uno solo quando la moltitudine si riassume sotto l’ombrello rassicurante delle narrazioni precostituite, rientranti facilmente dentro a un canone. Così questo articolo vuole offrire un quadro urbano di Roma dove dipanare la moltitudine di articoli che ha catturato un dettaglio, un anfratto, una piccola realtà dell’Urbe che si è sottratta al sistema consumistico. E qui non si parla solo di business: beninteso, tutto è riconducibile lì, al mercato, ma qui il rischio è più grande. Il mercato non solo della cultura, ma delle anime. Non l’anima delle persone, e nemmeno dei monumenti-feticcio: ma dell’incontro fra uno sguardo e un pezzo di storia che sfugge al passato, resistendo, contro e con la storia, insieme proiettandosi in un futuro di fulgida decadenza che rinnova la sua meraviglia perduta, rendendola eternamente presente.

Questa poesia, fuggevole, è l’incanto che si è cercato di catturare. Ogni volta di sguincio, addentrandosi un po’ più dentro, più vicino al cuore pulsante della città nelle sue contradditorie visioni. Leggere, come scrivere, a volte aiuta, ma le parole non sono abbastanza se non hanno dentro di loro uno sguardo: così Roma diviene un’occasione per riscoprire questo aspetto sensoriale, sepolto nel significato soggiacente ai nostri discorsi sulla sua eredità, rinnovando la memoria dura e pietrosa che fa anche di noi delle statue viventi. Così ci muoviamo, e per arcano mistero ci possiamo sentire in sintonia con essa, tanto da perderci, cosicché una mappa, anche se vagamente imprecisa e stravagante, forse aiuta. Forse aiuta a perdersi meglio, che talvolta è il modo migliore per ricalibrare la nostra bussola interiore.

Legenda:

1. Associazione culturale Cola dell'Amatrice, dove risuonano canti di pastori e transumanti

2. Natura e tecnologia danzano nelle sculture in legno di Ferdinando Codognotto: “Curiosità è cultura"

3. Renato Leotta: "Ho pensato di regalarmi un lavoro dedicato a Roma"

4. Roma raccontata dalle voci femminili di Ingeborg Bachmann e Marguerite Duras

5. Il ritratto inquietante di Velazquez

6. L’arco di Trionfo di Piazza del Popolo

7. Musei delle cere, fra polveri a slanci di vita

8. La seconda estasi del Bernini

9. GECO rovina o migliora la città eterna?

10. Roberto dell’Antica Caciara, l’ultimo pizzicarolo di Roma

11. “ROMA, REPUBBLICA,VENITE!”: il Museo della Repubblica Romana al Gianicolo

12. L'Accademia dell'Aracadia e il Bosco Parrasio: luoghi esoterici alle pendici del Gianicolo

13. Piramidi a Roma: una moda egizia nell’età Augustea

14. La colossale statua della Dea Fortuna, oggi alla Centrale Montemartini

15. Cesaretti al Collegio Romano, la più antica libreria di Roma

16. La vitalità di una festa e delle sue rovine

17. La fontana "sudante" del Colosseo che la Sapienza vuole recuperare

18. Lilli, la libreria all'Appio Latino nata durante la pandemia

19. Pasolini in diffusione a Villa Sciarra

20. Il verde di Roma, una guida ai parchi, alle piante e ai fiori nella Capitale

21. Il mistero dei resti del colosso di Nerone, la statua che ha dato il nome al Colosseo

22. Il significato del monumentale acrolito dell’imperatore Costantino

23. La maraviglia della machina barocca: la cappella di Sant'Ignazio

24. L'urlo straziante di Prometeo nella Galleria Corsini

25. Castel Sant'Angelo: testimone vivente della Storia di Roma e del suo popolo

26. L'affresco nascosto nel Rubens a Chiesa Nuova (e come poterlo vedere)

27. Le anamorfosi del convento di Trinità dei Monti

28. Roma Riscoperta: Villa Borghese il Cuore di Roma

29. Galleria Borghese: uno scrigno di capolavori

30. Orto Botanico: il mondo in dodici ettari

31. Giudizio Universale: quando l'arte si fa esperienza

32. Chiese da scoprire: Santa Maria del Popolo