La via alla curatela: l’arte contemporanea raccontata da Flaminia Gallo ed Elena Piccioni
1. Anzitutto mi piacerebbe ricostruire con voi il percorso che vi ha condotto fino all’esordio da curatrici. Come vi siete appassionate all’arte e quando avete capito che questa sarebbe stata la vostra strada? Quali studi avete affrontato?
FLAMINIA GALLO: Il mio percorso nel mondo dell’arte contemporanea non è stato immediatamente finalizzato alla curatela. Ho intrapreso un percorso accademico piuttosto lineare, iscrivendomi alla Facoltà di Storia dell’Arte più per un’intuizione che per una decisione strutturata. Inizialmente, l’interesse si concentrava sul versante più tecnico e operativo del settore, in particolare sull’ambito del restauro e della conservazione, spinta dal desiderio di contribuire alla salvaguardia del patrimonio artistico e culturale. Mentre mi preparavo all’esame d’ammissione all’Istituto Centrale del Restauro, ho iniziato in parallelo il corso di Studi Storico Artistici presso La Sapienza di Roma. Ho poi modificato le mie priorità rivolgendo l’attenzione al mondo dell’arte contemporanea. Più che per una finalità di tutela, sentivo il bisogno di comprenderne gli aspetti meno intuitivi e più nascosti. Due momenti formativi particolarmente rilevanti sono stati la lettura del volume di Robert Rosenblum, La pittura moderna e la tradizione romantica del Nord, che mi ha introdotta a una visione trasversale della storia dell’arte moderna, e l’approfondimento della figura di Aby Warburg, in particolare attraverso Aby Warburg and the Image in Motion di Philippe-Alain Michaud. Questi studi hanno ridefinito il mio approccio, orientandomi verso una lettura più simbolica, processuale e complessa dell’immagine. Durante la triennale poi mi sono avvicinata alle potenzialità delle data visualizations applicate alla ricerca storico-artistica: strumenti che permettono di osservare e restituire, in forma visiva, fenomeni complessi all’interno dell’arte contemporanea, in particolare attraverso sistemi di mappatura e analisi delle connessioni tra opere, artisti e contesti. In magistrale, invece, l’interesse si è concentrato sul rapporto tra arte pubblica e spazio urbano, analizzando le modalità con cui l’opera interagisce con l’ambiente cittadino e con i suoi abitanti, e interrogandomi sulle dinamiche legate alla produzione, alla fruizione e al mercato dell’arte nello spazio pubblico.
ELENA PICCIONI: Credo di aver sempre desiderato lavorare in questo ambito: è una passione che mi è stata trasmessa dai miei genitori fin da bambina e che non ho mai potuto fare a meno di coltivare. Durante gli ultimi anni del liceo classico ho maturato la decisione di iscrivermi al corso di laurea in Storia dell’Arte, ben consapevole delle difficoltà che un simile percorso può comportare, soprattutto in ambito lavorativo, nel contesto italiano. Nonostante ciò, non mi sono lasciata scoraggiare. Ho pensato che nessuna strada, oggi, rappresenti una garanzia assoluta, e che l’unico vero rimpianto sarebbe stato quello di non seguire ciò che realmente mi appassionava. Il privilegio — e forse anche la rarità — dello studio delle discipline umanistiche credo sia proprio questo: ci si ritrova circondati da persone mosse da una passione autentica, condivisa con slancio e coraggio. Ho iniziato l’università con una forte inclinazione verso l’arte moderna, trascurando quasi del tutto l’arte contemporanea. Poi, quasi per caso, mi si è presentata l’occasione di entrare in contatto con il mondo delle gallerie e con le tante figure che lo animano. Ne sono rimasta profondamente affascinata, tanto da decidere di dedicare la mia tesi di laurea, discussa nel 2024, alla fortuna critica di Pierre Bonnard in Italia.
2. A livello professionale invece da quanti anni siete impegnate nel settore dell’arte contemporanea? Vi siete sempre occupate di curatela?
FLAMINIA GALLO: L’ingresso nel settore dell’arte contemporanea è avvenuto fin dai primi anni universitari, attraverso esperienze eterogenee, sia in ambito istituzionale che privato. Queste prime fasi sono state fondamentali per testare sul campo quali sono le sono figure professionali che si muovono all’interno del sistema dell’arte. Talvolta ho anche intrapreso esperienze lavorative che non mi rappresentavano affatto, ma che si sono rivelate essenziali per avvicinarmi al mondo del lavoro. La mia crescita professionale nasce molto più probabilmente dalle primissime esperienze in galleria come gallery assistant a Parigi circa 6 anni fa presso l’H Gallery nel quartiere del Marais. Lì ho potuto osservare e sperimentare in modo diretto le diverse componenti di uno spazio espositivo: dalla logistica alla comunicazione, dalla produzione all’allestimento, fino alla scrittura curatoriale. La figura del curatore, in questo contesto, assumeva un carattere ibrido, a cavallo tra la gestione operativa e l’elaborazione critica. Così mi sono interessata sempre di più al mondo dell’arte contemporanea, con un’attenzione particolare ai circuiti indipendenti e a quelli più sperimentali. Parallelamente alla curatela, ho continuato a seguire anche la parte commerciale legata alla vendita delle opere, in un’ottica che tiene insieme la lettura critica e la sostenibilità economica dei progetti artistici.
ELENA PICCIONI: Ritengo che la pratica sul campo sia fondamentale in questo settore e, a 19 anni, non appena la pandemia lo ha permesso, ho iniziato a cimentarmi attivamente. La mia gavetta è cominciata — e non è ancora finita — con la collaborazione alla Rome Art Week, la settimana dell’arte contemporanea di Roma. Nei primi anni mi sono occupata della segreteria e dell’organizzazione dei percorsi di visita; oggi coordino la selezione e la gestione delle gallerie, fondazioni, musei, accademie, enti e spazi indipendenti coinvolte nell’iniziativa. Successivamente ho iniziato a lavorare come assistente di galleria, prima con Basile Contemporary e poi con WEM Gallery, seguendo in particolar modo gli interessanti progetti di Daniele Sigalot. Il mio percorso nella curatela è iniziato in modo graduale, attraverso lo studio di temi fondamentali come la comunicazione, la mediazione tra artista e pubblico, e le dinamiche di fruizione dell’opera all’interno del sistema dell’arte. Ho potuto approfondire questi aspetti grazie alle esercitazioni e agli insegnamenti di professionisti come Ludovico Pratesi, Roberto Casiraghi, Massimiliano Tonelli e altri docenti, con i quali ho conseguito un Certificate in Art Management nel 2023.
3. Se doveste descriverlo in tre parole, che tipo di ambiente lavorativo è?
FLAMINIA GALLO: Definirei il mondo dell’arte contemporanea come fluido, data la sua capacità di sapersi insinuare all’interno di spazi espositivi diversi, risaltando le caratteristiche delle singole opere d’arte, e impegnato, in quanto affronta una contemporaneità anche politica e sociale. Mi viene inoltre in mente una frase che, secondo me, rispecchia in maniera totalizzante il mondo del mercato dell’arte contemporanea. Nel documentario di Nathaniel Kahn, The Price of Everything, che esplora gli eccessi vertiginosi del mercato con una critica ironica e tagliente, il collezionista Stefan Edlis cita l’opera teatrale di Oscar Wilde, Il ventaglio di Lady Windermere, affermando che "There are a lot of people who know the price of everything and the value of nothing". Questa frase porta a sé diverse domande: esiste un modo per concepire il valore di un’opera al di là del suo prezzo? Cosa succede quando l'arte entra in un mercato non regolamentato e rialzista? Come fa un artista a resistere a un simile vortice?
ELENA PICCIONI: Lo definirei: stimolante, coinvolgente e competitivo.
4. Ritenete il vostro compenso proporzionato al vostro lavoro?
FLAMINIA GALLO: La questione del compenso, nel settore culturale e in particolare nella curatela, è complessa e spesso legata a dinamiche che vanno oltre il semplice rapporto tra ore lavorate e retribuzione. Ci sono diversi fattori che entrano in gioco: il tipo di progetto, il contesto istituzionale o indipendente in cui si opera, il margine di autonomia, ma soprattutto l’investimento in termini di ricerca, tempo e cura che ogni curatore sceglie di dedicare. È evidente che si tratta di un settore non sempre strutturato secondo criteri economici trasparenti o stabili. In molti casi, i singoli operatori del settore hanno diversi ruoli o affiancano la curatela ad attività complementari. Questo a mio parere crea uno squilibrio tra il tempo dedicato al singolo progetto e il compenso rispetto al ruolo che si dovrebbe occupare.
ELENA PICCIONI: Cerco, finché sarò una studentessa universitaria, di pormi in merito a questa questione con l’umiltà di chi riconosce di essere un’emergente che ha ancora da imparare e mi sforzo di uscire da questi progetti arricchita in termini di esperienze e conoscenze. La maggior parte delle volte mi sono trovata a collaborare con realtà che mi hanno adeguatamente riconosciuto i miei meriti. Talvolta, invece, pur di consolidare le mie capacità, mi è capitato di accogliere progetti da cui non ho potuto trarre soddisfazioni economiche.
5. Flaminia recentemente hai curato la prima personale di Stefania Ceccariglia, come è avvenuta la selezione delle opere e quale è stato il criterio espositivo?
FLAMINIA GALLO: La selezione di opere in realtà è stata piuttosto immediata, con l’aiuto di Tina Vannini, siamo riuscite a dare due linee guida ben distinte che potessero comunicare tra loro e che all’interno dell’allestimento potessero creare un giusto equilibrio visivo. Da una parte lo sguardo, come elemento simbolico e relazionale, dall’altra la natura, intesa come spazio di memoria e origine. Questi due elementi—apparentemente distinti—si sono rivelati parte di un linguaggio pittorico coerente e stratificato, in cui la dimensione intima si intreccia con una ricerca formale sempre più consapevole. Il nero, spesso punto di partenza nelle sue tele, non è mai assenza, ma piuttosto il terreno fertile da cui germogliano tonalità pulsanti di vita. Lo sguardo, nelle sue tele, diventa un ponte tra l'interiorità dell'artista e quella dello spettatore, un mezzo attraverso il quale l'intimità dell'essere umano si rivela e si riflette. Non è solo il soggetto rappresentato a parlare, ma anche chi osserva, che nella purezza e profondità di uno sguardo ritrova frammenti di sé stesso. Il suo lavoro artistico si muove tra l'auto-espressione, attraverso una tecnica pittorica sempre più raffinata, e opere di intensa carica emotiva. Questo processo simbolico nell’arte di Stefania Ceccariglia non riguarda solo le persone, ma anche la natura e gli oggetti a lei cari, che raccontano la sua storia e le sue origini. Non a caso questa sensibilità empatica si traduce anche nel suo rapporto con la natura, in particolare con i fiori di campo, la cui semplicità racchiude un'essenza poetica e autentica. Le sue origini umbre riaffiorano nella scelta di questi soggetti, legati a un paesaggio interiore tanto quanto a quello esterno. Sguardi nell'anima è dunque un viaggio in cui lo spettatore viene chiamato a rispecchiarsi e a interrogarsi, a cercare nei volti e nei fiori, nel tratto e nel colore, qualcosa che gli appartiene.
6. Elena hai da poco inaugurato la personale di Giulia Di Pasquale presso Kou Gallery, visitabile fino all’8 maggio, quali scelte hanno guidato la costruzione della mostra?
ELENA PICCIONI: Ho curato con grande entusiasmo questo progetto espositivo, nato da una profonda sintonia e comunanza di intenti con Giulia Di Pasquale, artista e docente di discipline pittoriche e grafiche presso RUFA — Rome University of Fine Arts. L’accademia ha sede nello stesso edificio del Pastificio Cerere, dove sto attualmente svolgendo un tirocinio con l’artista Pietro Ruffo. Proprio in questo contesto ho avuto modo di conoscere da vicino il lavoro di Giulia e di apprezzarne la sensibilità artistica. All’interno del suo vasto e articolato corpus, tra serie ragionate e progetti commissionati, sono rimasta particolarmente colpita da alcuni lavori che si discostano da ogni vincolo programmatico: opere nate in modo spontaneo e istintivo, a distanza di mesi o addirittura anni l’una dall’altra, accomunate da una riflessione profonda sulla sedimentazione e stratificazione della materia. Dopo aver selezionato questi lavori, li ho proposti a Massimiliano Padovan di Benedetto, che ne ha immediatamente riconosciuto la forza espressiva, accogliendo con entusiasmo la proposta di allestire la mostra GIGANTI presso la sua Galleria Kou di Roma. L’allestimento è stato pensato per accogliere il visitatore all’interno di una sorta di “caverna dei giganti”: un ambiente in cui le tele di grande formato, dominate da figure imponenti, entrano in contrasto dinamico con l’altezza contenuta dei soffitti, generando un dialogo visivo e simbolico tra spazio e soggetto. Il percorso espositivo, accompagnato da un testo critico, intende guidare lo spettatore attraverso una duplice evoluzione: da un lato quella dei soggetti rappresentati, dall’altro quella stilistica dell’artista, che affina progressivamente la propria tecnica pittorica sotto agli occhi del pubblico. Mi fa piacere ricordare che, grazie all’interesse suscitato, la mostra è stata recentemente prorogata fino all’8 maggio 2025.
7. Cosa vi portate a casa da queste prime esperienze di curatela?
FLAMINIA GALLO: Ogni progetto curatoriale rappresenta un processo che non si esaurisce nella sola costruzione della mostra, ma che lascia sempre qualcosa di profondo, sia dal punto di vista umano che professionale. Una delle ricchezze più grandi è sicuramente il bagaglio di conoscenze, di pratiche artistiche, ma anche l’opportunità di mettere in discussione il mio pensiero critico e aprirmi a modalità espressive che magari fino a quel momento non avevo mai considerato. Nel caso di Sguardi nell’anima, il coinvolgimento e l’entusiasmo di Stefania Ceccariglia sono stati elementi fondamentali per creare un dialogo autentico. Ogni mostra è anche un’occasione per entrare in relazione con l’altro—che sia artista, opera, spazio espositivo o pubblico—e di lasciarsi attraversare da quella relazione. La curatela, in questo senso, non è mai un atto neutro, è un gesto di mediazione, di responsabilità e di ascolto.
ELENA PICCIONI: Come non ho mancato di dire, credo fermamente che ogni esperienza, a prescindere dalla sua portata, sia costruttiva e fondamentale per la crescita personale e professionale. Il progetto realizzato insieme a Giulia si è rivelato estremamente formativo per entrambe e siamo pienamente consapevoli di quanto dobbiamo al gallerista Massimiliano Padovan di Benedetto, che ha scelto di dare fiducia a un’artista e a una curatrice emergenti. La soddisfazione più grande, tuttavia, mi sento di attribuirla alla considerazione dei critici che hanno voluto segnalare il progetto alla commissione dell’Atlante dell’Arte Contemporanea, diretto da Daniele Radini Tedeschi. Giulia Di Pasquale è stata inserita nel catalogo riservato agli artisti under 30 che sarà presentato presso il Metropolitan Museum di New York.
8. Quali suggerimenti dareste a studenti/esse che intraprendano un simile percorso accademico e professionale? Come si diventa curatori?
FLAMINIA GALLO: Il primo consiglio che mi sento di dare è quello di non smettere mai di osservare. Non solo le opere, ma tutto ciò che ruota attorno al sistema dell’arte. Ogni dettaglio, dalla logistica di un trasporto alla redazione di una polizza assicurativa per un’opera, può diventare parte integrante della formazione curatoriale. Comprendere questi meccanismi permette di acquisire una visione d’insieme più completa e consapevole. Allo stesso modo è fondamentale provare tutto: lavorare in galleria, in archivio, affiancare un montaggio, scrivere testi, assistere a una trattativa di vendita. Solo attraversando diversi ruoli si può capire quale sia la propria inclinazione e costruire una competenza solida, fatta non solo di teoria ma anche di pratica. Parallelamente, resta imprescindibile lo studio continuo. Allenare lo sguardo permette di costruire un pensiero critico autonomo, capace di tenere insieme analisi formale e lettura concettuale. Secondo me la curatela non significa solo organizzare mostre, ma saper leggere il presente, creare ponti tra artista, pubblico e contesto, ed essere in grado di ascoltare ciò che spesso nell’arte non è immediatamente visibile. In questo senso, la sensibilità, intesa come attenzione al dettaglio, ma anche empatia, è una qualità importantissima.
ELENA PICCIONI: Il consiglio che do costantemente a me stessa, e che considero una sorta di bussola personale, è quello di non smettere mai di osservare, scoprire e lasciarsi incuriosire da nuove realtà. Visitare luoghi, conoscere persone, confrontarsi con approcci differenti e contesti inediti rappresenta per me un modo fondamentale per arricchire il mio bagaglio umano e professionale.
9. Attualmente avete altri progetti in cantiere?
FLAMINIA GALLO: Sto seguendo altri progetti espositivi, sia in collaborazione con Tina Vannini, all'interno del suo spazio, sia attraverso l’attività della mia associazione culturale Via Vai. In particolare, sto lavorando a una mostra dedicata all’illustratrice e grafica Lavinia Fagiuoli e alla fotografa francese Clémence Lagache-Albertini. Tra i tanti progetti futuri che vorrei portare avanti, rimangono centrali le mostre dedicate al mondo dei graffiti e delle culture under ground che rappresentano la base della mia ricerca artistica
ELENA PICCIONI: Attualmente mi sto dedicando all’organizzazione di mostre personali per artisti emergenti. La prossima esposizione in programma sarà dedicata a Niccolò Fornari: presenteremo un progetto dal forte carattere introspettivo, incentrato sull’elaborazione di tematiche psicologiche. L’artista mette in scena la propria lotta interiore con l’emotività attraverso un dialogo serrato tra pittura e parola, cercando di “affievolire il disagio psicologico con un tubetto di acrilico”, come ama dire lui stesso. Il vernissage si terrà l’11 giugno 2025 presso la Galleria Kou di Roma.
10. Se vi doveste immaginare tra una decina di anni, dove vi vedete? Vorreste restare nell’ambito della curatela o avete altri obiettivi?
FLAMINIA GALLO: Ad oggi non saprei rispondere a questa domanda, credo che tra dieci anni sarà cambiato anche il modo di rapportarsi all’arte e agli artisti, e forse arriverà un momento in cui non mi sentirò più in grado di leggere con lucidità e pertinenza le nuove istanze degli artisti emergenti. Non escludo che potrei sentire l’esigenza di spostare il mio contributo su un piano diverso, magari meno legato all’interpretazione critica ma più orientato verso il project management culturale, con l’obiettivo di garantire il buon funzionamento e la realizzazione di mostre e progetti complessi.
ELENA PICCIONI: Con tutta la difficoltà immaginativa che comporta questa domanda mi piace immaginarmi tra dieci anni ancora immersa nel mondo dell’arte, con la stessa passione che mi ha guidata fin dall’inizio, ma con una consapevolezza e una maturità professionale più solide. Spero di continuare a lavorare nell’ambito della curatela, auspicando un ruolo più strutturato e autonomo, che mi consenta di sviluppare progetti a lungo termine e di collaborare con artisti in modo sempre più profondo e continuativo. Allo stesso tempo, non vorrei precludermi la possibilità di ampliare i miei orizzonti: mi piacerebbe affiancare alla curatela anche attività legate alla scrittura critica, alla progettazione culturale o all’insegnamento, ambiti che ritengo complementari e altrettanto stimolanti. In ogni caso, il mio obiettivo è quello di restare fedele a ciò che mi appassiona, contribuendo con impegno e competenza alla valorizzazione dell’arte contemporanea.
Elena Piccioni
Flaminia Gallo